lunedì 20 dicembre 2010

"AFFIDARSI ALLA FOLLIA O ALLA SAGGEZZA?"

Anche questo 2010 è prossimo alla fine. Ricordate come era cominciato? Ognuno affidava all'anno entrante una sfilza di speranze, tra auguri e gioie per la fine di un anno generalmente deludente. E' sempre così; ogni "San Silvestro" si ripetono sostanzialmente gli identici comportamenti pur nella consapevolezza che non cambierà pressoché nulla, ma con l'ostinata illusione che all'inizio di un nuovo anno debba necessariamente corrispondere un generale miglioramento delle proprie condizioni economiche e magari essere prescelti dal destino nella vincita in uno dei tanti milionari concorsi.
Sognare in fondo non costa nulla e tanto vale chiudere ogni anno con la minima soddisfazione di averlo almeno superato e continuare a confidare nel massimo (?) record personale. Forse è proprio questa la causa dell'esaltazione collettiva e dei tantissimi 'auguri' che ci si scambia, spesso più per consuetudine e formalità che per convinzione.
Tutto ciò premesso, quale bilancio trarre da questi dodici mesi ormai trascorsi? Per un pensionato che non ha particolari problemi da risolvere, si potrebbe dire, senza particolare enfasi, che ... "non ci si può lamentare". Nell'ambito del "sistema di vita" che ci caratterizza, disporre di una risorsa economica sicura, anche se limitata, equivale al mantenimento della dignità e della preziosa (finché c'è salute) autonomia. Restare insomma nell'alveo della propria individualità significa restringere notevolmente i parametri di valutazione rispetto alle condizioni dei tantissimi che vivono, o sopravvivono, nella vasta società che ci circonda.
Questo vuol dire che per tentare di comprendere il generale andazzo del 'destino', occorre sempre mettersi ... nei panni degli altri, in particolare di quelli che stanno 'peggio' o vivono addirittura in condizioni drammatiche. Ciò risalta, per logica deduzione, quanto sia profondamente ingiusta la 'società' che l'uomo stesso ha creato; da una parte pochi (stolti) privilegiati che godono di immense, assurde ricchezze, dall'altra una massa enorme di diseredati costretti, dal becero e insensato egoismo, ad una esistenza aspra e perennemente conflittuale.
Il permanere o, peggio, l'acuirsi di tale divario mai consentirà il reale miglioramento dell'umanità e ogni espressione augurale di 'fine anno' rimarrà priva di senso e ipocrita per quanti vivono di cieco formalismo. Ecco il punto: la cecità, la ristrettezza mentale determinata dalla continua ricerca di 'possedere' il più possibile nella convinzione che cosi è e nulla mai cambierà, senza rendersi conto che l'autentico bisogno (naturale) dell'Uomo sono i rapporti sociali, la solidarietà, il desiderio di realizzare il proprio 'spirito' attraverso la capacità di dare un senso alla propria esistenza, nella consapevolezza della brevità e vacuità di ogni vita. E' possibile non riuscire a comprendere come l'avidità sia un idolo che uccide l'anima e rende ogni essere pensante un puro 'schiavo' della propria ingordigia? Di esempi di tali "zombi" non ne mancano; basta osservare con un po' di attenzione, la maggior parte degli eletti nel Parlamento italiano, che non costituiscono certo un referente da imitare, ma che in una società 'malata' sono di fatto esemplari sotto il profilo della tracotanza, della furberia, dell'arrivismo, dell'impunità.
Eppure per comprendere il reale senso di ogni esistenza non è proprio tanto difficile; basta entrare, con spirito analitico e banalmente critico, in ogni ospedale, nelle "case di riposo" e nei 'cimiteri' per intuire la fragilità, la limitatezza e la certa fine di ogni essere vivente.
Perché allora affidarsi alla 'follia', anziché alla saggezza?

lunedì 6 dicembre 2010

"E' ORMAI TEMPO DI SVEGLIARVI DAL SONNO (RM 13,11)"

Per i cattolici italiani è giunto il tempo di un severo esame di coscienza. Quali responsabilità di fronte ai guasti della vita pubblica che si fanno ogni giorno più gravi? E non parlo solo dei quotidiani scandali che riempiono le pagine di cronaca. Parlo del degrado della vita politica e della tranquilla accettazione di un metodo di governo che promette illusioni e lascia affogare il Paese nella "monnezza". Non solo a Napoli e a Palermo, ma dovunque si vive di malaffare, di illegalità, di soprusi.
Come hanno reagito i cattolici all'indegno trattamento riservato a migliaia di migranti (tra cui tanti profughi) respinti in vari campi di concentramento? Invece di reagire all'operato del governo, hanno applaudito o tacitamente acconsentito, preferendo difendere il loro risicato benessere, che si fa ogni giorno più precario. Chi ha levato la voce contro una situazione del lavoro che vede disoccupati migliaia di giovani e costringe tanti operai a sopravvivere con la cassa integrazione?
Non è sufficiente tenere in regola i conti dello Stato. Questo può farlo qualunque buon ragioniere. E' urgente un'azione che ponga fine agli squilibri esistenti tra chi ha molto (in alcuni casi, troppo) e chi non ha niente, tra chi sguazza nel lusso e chi stenta a mettere insieme quanto serve per le quotidiane necessità. Abbiamo detto molte belle parole. Ma non abbiamo avuto il coraggio di denunciare i mali di un capitalismo globalizzato che aumenta i dividendi delle anonime finanziarie (vere centrali di ingiustizia) e tratta gli operai come merce di scambio. Quanti cattolici che si riempiono la bocca di dottrina sociale cristiana sono pronti ad impegnarsi di persona, non per la conquista di un pezzo di potere, ma per un cambiamento che ponga al centro del dibattito i temi della pace, del disarmo, della solidarietà?
E' giusto difendere la vita dall'inizio alla sua conclusione. Ma è ancora più urgente difendere la vita di milioni di bambini che muoiono di fame. E' ancora più urgente impegnarsi per la pace tra i popoli, scoraggiare i risorgenti nazionalismi. Il governo, invece di far propaganda per innamorare i giovani alla vita militare, li aiuti a inserirsi nel mondo del lavoro, crei tutte le occasioni per non lasciare inoperose migliaia di braccia e di menti, per cui tanto si è speso negli anni della formazione scolastica.
Ai cattolici dico: è tempo di agire. Non sognando un nuovo partito cattolico o di cattolici. Non mirando ad una fetta di potere. Ma operando in tutti i settori della vita pubblica con una coraggiosa testimonianza di onestà e di competenza.
Ai cristiani di Roma Paolo lanciava un forte monito: "E' ormai tempo di svegliarvi dal sonno" (Rm 13,11). Abbiamo dormito troppo. Abbiamo troppo pensato al nostro interesse personale, a una sterile difesa dei diritti della Chiesa. I diritti della Chiesa sono i diritti dei poveri, degli emarginati, degli esclusi, degli oppressi da una società che riesce ad attutire o a spegnere qualunque sussulto di rivolta contro l'imperante conformismo. Di quel perbenismo che concilia il dirsi cattolico e il vivere una vita di immoralità e di menzogna.
E' ormai indilazionabile l'impegno a porre a base della nostra vita non la ricerca del potere, ma il servizio, praticando la carità che è la "pienezza della legge" (Rm 13,1). Non c'è legalità se non c'è un forte sussulto di amore, di gratuità, di condivisione.
(Lettera di Mons. Giuseppe Casale - Arcivescovo emerito di Foggia-Bovino)

lunedì 22 novembre 2010

"L'ORIGINE DEL MALE"

Nel 'pianeta di Cuccagna' splende sempre il sole. L'ambiente è ameno, ricco di lussureggiante vegetazione; l'acqua dei fiumi è sfavillante, gli animali pascolano placidamente per l'assenza di ogni pericolo. I "cuccagnesi" godono di un privilegio unico nell'universo: si nutrono con i raggi solari. Quando la fame sopravviene, si espongono ai raggi ultra violetti e risolvono in tal modo ogni bisogno alimentare.
Questa peculiare facoltà concede a ognuno un'esistenza assolutamente beatificante; niente obblighi lavorativi, nessuna preoccupazione economica, competizione sconosciuta; insomma nulla di quanto ci è dato sopportare a noi poveri terrestri, perciò una vita senza 'padroni', politicanti, burocrati, opportunisti, corrotti.
Tantissimo tempo a disposizione da trascorrere in totale armonia con se stessi e gli altri, da spendere in attività culturali, sportive, hobbistiche e nel pieno godimento dell'autentica libertà, di amicizie disinteressate, di amore genuino, dolce, naturale.
Un vero e proprio "paradiso" dove nessuno si sognerebbe mai di affermare: "Il sole è mio e dovete pagarmi i suoi raggi". Se un 'cuccagnese' osasse tanto, sarebbe sarcasticamente deriso, commiserato, considerato folle e spedito sul "Monte della Pietà" per essere sottoposto alla cura del tempo.
Non è però altrettanto facile opporsi ad un pericolo più subdolo e ingannevole, come quello rivolto alla componente spirituale di ogni 'ominide'. Ovunque può spuntare infatti un "profeta" (non mancano mai) il cui compito è quello di sconcertare e creare dubbi con un'affermazione sempre penetrante ed efficace: "Chi ti ha creato?! Chi è stato l'artefice di cotanta magnificenza, di un universo così perfetto, se non un essere superiore, soprannaturale e onnipotente?".
E' a questo punto che nella collettività dignitosa e raziocinante si insinuano i primi timori, le ansie che scavano sempre più nell'intimo fino alla totale capitolazione: la svendita ad un fantomatico 'padreterno' della propria: "ANIMA".
Un uomo che rinuncia alla capacità di formulare idee e critiche, non solo perde decoro e personalità, ma non è più artefice e protagonista della propria vita. Si trasforma in un 'èbete' irresponsabile, privo di orgoglio e 'orfano' bramoso di un "padre" cui affidare il proprio destino. E' per questo che germogliano tanti ridicoli 'ducetti' e pericolosi despoti.
Accidenti! Anche qui, come nella logica degli eventi, dal sogno si ripiomba inesorabilmente nella cruda realtà.
Sul pianeta' terra' l'obbligato soddisfacimento della 'fame' rende ognuno dipendente da un sistema artefatto, basato esclusivamente sulla disponibilità monetaria. In ogni dove le istituzioni religiose vigilano amorevolmente sulle popolazioni sempre più succubi e rassegnate. In questo contesto la follia dominante, in mano al 'potere' economico, accelera vertiginosamente il processo distruttivo ambientale, culturale e sociale dell'umanità.
In Italia si riesce persino a peggiorare la situazione:
1) privatizzazione dell'acqua potabile entro il 2011 (salvo esito referendum);
2) crescita esponenziale dei rifiuti (smaltimento pressoché in mano alla criminalità);
3) avvelenamento delle falde acquifere e dei terreni (anche a causa dei 'termovalorizzatori');
4) cementificazione irresponsabile o, peggio, abusiva;
5) progressivo inquinamento atmosferico;
6) rapido e imprevedibile sconvolgimento climatico;
Oltretutto sono in corso la demolizione delle strutture sociali, l'aumento della corruzione, l'espansione delle organizzazioni mafiose, la crescita vertiginosa del debito pubblico, l'impunità per i delinquenti di alto rango, il disfacimento culturale e morale, l'impoverimento finanziario e solidale.
In questo progressivo imbarbarimento, sempre giustificato dalla crisi economica da anni in atto, il Ministro della Difesa, La Russa, ha ratificato l'acquisto di 131 aerei da combattimento F-35, per una spesa complessiva di oltre 13 miliardi di Euro.
Non sarà il caso di tentare, da subito, il recupero di un briciolo di saggio intelletto, visto che ... il 'pianeta di Cuccagna' non esiste?

giovedì 11 novembre 2010

"CINICO EGOISMO: UN TUMORE DA ESTIRPARE"

Alla domanda: "La vita che fai ti soddisfa, ti senti felice o, quantomeno, appagato?" la quasi totalità degli interpellati ha risposto negativamente. Quando è stato sollecitato il motivo di cotanta delusione, rarissimamente è stata sollevata una questione di carattere sociale, psicologico o di convivenza civile; la maggioranza ha manifestato la convinzione che tutto sia riconducibile alla "maggiore" disponibilità di denaro, cioè che basta "Avere più soldi" per 'soddisfare' la propria esistenza.
Certo è che i soldi, come si usa dire, "non danno la felicità, ma certamente aiutano a vivere meglio". Questa convinzione è sintomatica di una realtà che, da molto tempo, caratterizza il nostro modo di 'campare', basato soprattutto sull'avere, anziché, come natura vorrebbe, sull'essere. Tutto insomma sembrerebbe risaltare una collettività umana più 'compatta' nell'adorazione del "Dio denaro" che degli specifici referenti religiosi.
Se così è, vuol dire che uno dei principali colpevoli del 'malessere' che affligge l'umanità, è (oltre al fanatismo, l'indifferenza, l'intolleranza, la paura, ecc.) l'egoismo. Non certo fino al suo contenimento entro gli umani livelli a salvaguardia della propria e altrui esistenza, ma quando viene esasperato, trasformato cioè in cinica avidità. E' a questo punto che l'individuo perde il suo rapporto con gli altri e vive solo ed esclusivamente con e per se stesso; il 'disprezzo delle convenzioni sociali' lo domina e lo condiziona al punto che ogni attimo della sua quotidianità è caratterizzato dall'esasperato opportunismo. Tutto è finalizzato al raggiungimento e soddisfacimento delle proprie ambizioni.
Subdolo, abile nel nascondersi dietro il paravento di una eloquenza raffinata e persuasiva, si muove con cautela e chiarezza di obiettivi ben definiti: il raggiungimento di traguardi che garantiscano il massimo guadagno col minimo lavoro. Nella società attuale, da diversi decenni, questa condizione è assicurata, soprattutto, dalla politica politicante, quella che ormai caratterizza qualsiasi struttura partitica.
Quanti 'opportunisti' hanno realizzato questo desiderio? L'abitudine al ... modo di vivere, non aiuta il semplice cittadino a discernere chiaramente tali "tumori"; volendo però, ognuno è in grado di percepire simili personaggi che, con l'inganno, approfittano della fiducia degli elettori per raggiungere scopi assolutamente personali.
Se si parte dal presupposto che la "politica", secondo la concezione degli antichi greci, consiste nell'avere, da parte dell'eletto, un elevato senso di responsabilità nei confronti del 'bene comune', è chiaro che l'opportunista è decisamente un assoluto "irresponsabile".
Berlusconi, che in un momento di rara sincerità (confermato dal 'fido' Confalonieri) ammise a Montanelli che se non ... "si metteva in politica sarebbe fallito e andato in galera", ne è la figura più rilevante. Ma quanti 'berlusconini', sia a destra che a sinistra, caratterizzano la "casta" politicante dai vertici 'romani' fino al più piccolo paese? Basta fare una semplice cernita anche nella realtà moglianese per rendersi conto che il mini vertice pseudo mafioso locale è ancora caratterizzato da diverse figure 'storiche' che ne hanno condizionato lo sviluppo, specie quello culturale, umano e solidaristico, a vantaggio dei propri, ridicoli interessi.
Anche attualmente c'è chi si prepara alla conquista della sospirata 'poltrona' (altro salto nel vuoto?) affidandosi alla carica di segretario provinciale di un partitino in ascesa; le vie del "cinico politicante" sono infinite, ma tutte obbligatoriamente dentro una struttura organizzata per il ... grande balzo. Sono tutti così spregiudicati? Evidentemente 'no', ma gli onesti sono al punto di costituire ... l'eccezione alla regola.
In un momento critico come l'attuale, si stanno costituendo ed espandendo associazioni e movimenti che si prefiggono una seria e convinta politica basata sulla partecipazione popolare, sulla passione disinteressata, per opporsi responsabilmente al devastante e progressivo degrado economico, ambientale, civile, etico e sociale che sta rapidamente portando allo sfascio l'Italia.
Le conclusioni consigliate sono:
1) partecipare attivamente per perseguire una politica 'pulita' a vantaggio della collettività;
2) informarsi da fonti non suscettibili a condizionamenti partitici o di Potere;
3) non votare alla cieca o sulla 'presunzione' di affidabilità partitica;
4) sondare bene la personalità dei candidati valutandone soprattutto l'opportunismo;
5) non credere che la realtà sia immodificabile. La rassegnazione è il velo ipocrita del vile;
6) liberarsi dalla paura e dal 'ricatto';
Poche regole per non uccidere la SPERANZA. Le future generazioni si affidano alla nostra saggezza.

domenica 31 ottobre 2010

"NON CI RESTA CHE PIANGERE?"

Sotto il profilo letterale e verbale, i sostantivi Uomo/Donna e Maschio/Femmina sono sinonimi; ciò vuol dire che tutti esprimono l'appartenenza allo specifico sesso.
Questa precisazione è necessaria, ma non può ritenersi assoluta. Infatti se si approfondisce il concetto con una realistica riflessione sul senso che viene, spesso inconsapevolmente, loro attribuito, si possono rilevare interpretazioni alquanto dissimili. Hanno lo stesso senso le definizioni UOMO e MASCHIO? C'è equivalenza tra DONNA e FEMMINA? Un attimo di raziocinio permette istintivamente di risaltare la sensibile differenza. Non a caso il 'grande' Totò ci ha lasciato l'immortale composizione "Malafemmena".
Se tali sottigliezze hanno allora un preciso significato, perché Berlusconi conclama e reitera pubblicamente: "Io amo le donne"? Per essere coerente con le sue frequentazioni dovrebbe affermare: "Io amo le femmine"; così facendo, oltre a non offendere adolescenti e signore di certa levatura morale, darebbe inequivocabile risalto alla sua 'effervescente' mascolinità, a quella esuberante 'virilità' (?) tanto apprezzata e osannata dai suoi inebriati ammiratori che, non a caso, sottolineano con risoluto orgoglio: "Noi non siamo gay".
Anche il persistente ricorso alla parola "amore" però è ingannevole e improprio; nel mercimonio non c'è infatti nessun vincolo o stimolo affettivo, tanto che una "escort" (gergo inglese ritenuto meno 'disonorevole' dell' italica "mignotta") svende il proprio corpo per esclusivo interesse materiale.
Allora perché tanta perseverante ostinazione sull'impiego di parole inappropriate?
Per tentare di comprendere le finalità che impongono tale insistenza, dobbiamo innanzitutto non dimenticare che Berlusconi è stato il geniale 'produttore' delle fiction, colui che nel 94 ammaliò la maggioranza degli elettori con una 'seducente' immagine a reti unificate; lo stesso che anni dopo, da Vespa, sottoscrisse platealmente il 'famoso' contratto con gli ... italiani; un artista della 'lusinga', grande conoscitore delle 'debolezze' e dei limiti culturali italici, abile nel dirottare ogni semplice mente verso scelte informative marginali o pruriginose, di immediata implicazione mentale.
Non a caso è proprietario di tre emittenti televisive e, come capo del Governo, principale gestore della pubblica (?) RAI. Quasi un monopolio divulgativo finalizzato a promuovere messaggi e immagini che si propongono di:
1) minimizzare l'aspetto dissoluto per risaltare quello 'mascolino';
2) distogliere l'attenzione dai reali problemi del Paese;
3) esaltare la scaltrezza e la degenerazione a spese della legalità e della costumatezza;
4) dissimulare i limiti politici;
Se a tali rilievi si perviene attraverso l'analisi comportamentale del "libertinaggio senile" di un vecchio malvissuto terrorizzato dalla morte (sarà questa la malattia denunciata dall'ex moglie Veronica Lario?), ancora più rimarchevole è il percorso istituzionale che ha fortemente inciso sulla cultura nazionale, noto come "berlusconismo", in sintesi rilevabile dalle seguenti considerazioni:
a) priorità degli interessi personali rispetto a quelli della collettività;
b) perenne 'vittimismo' (toghe 'rosse', comunisti, ...) ratificato da ben 40 leggi ad personam;
c) menzognero;
d) megalomane, insofferente alla Costituzione;
Resta inteso che ognuno è libero di condividere o meno i rilievi sinteticamente elencati. Il problema fondamentale, però, è se sono riconducibili alla realtà; se non lo sono, come si suol dire, tutto va bene, ma se lo sono allora ... non ci resta che piangere.



venerdì 22 ottobre 2010

"MORIRE IN PIEDI O VIVERE IN GINOCCHIO?"


In un passato non tanto remoto, la scuola era ritenuta parte essenziale dell'opera formativa dei ragazzi. Anche la Chiesa aveva un suo ruolo, preminentemente spirituale, ma anche sociale e culturale. I Governi godevano di adeguata autorevolezza e stima. La famiglia insomma non era abbandonata al suo naturale compito educativo e ogni minore veniva affidato, con spontaneità e fiducia, a tali istituzioni senza esagerata richiesta protettiva, per cui in ogni spiacevole circostanza, sapeva di poter contare soprattutto su se stesso; tutto ciò l'obbligava, naturalmente, all'assunzione delle proprie 'responsabilità'. Insomma se il maestro riteneva 'utile' il ricorso a mezzi di coercizione più convincenti, era consigliabile non lamentare i 'dolorosi' eventi in famiglia, ma mugugnare e riflettere in solitudine sulle presunte 'ingiustizie' subite. Certamente un sistema un po' eccessivo, ma certo non da "bamboccioni".
Con l'avvento del "boom" economico, anche la consuetudine formativa ne subì gli effetti e i rapporti tra le varie istituzioni cambiarono radicalmente. Sintomatica, a tal proposito, è una dichiarazione (rilasciata a "l'Arena", RAI 1, domenica 17/10, ore 14.00) del non più giovanissimo Vittorio Sgarbi, riconosciuto esperto d'arte che afferma: "Io sono certo che se dovessi uccidere qualcuno - cosa che spero non farò - mia madre sarebbe la mia prima complice". Sarà forse per questo 'scontato' senso di protezione che il personaggio esplode spesso in aggressive, offensive e infantili escandescenze.
Se si analizza banalmente tale comportamento, ci si rende conto che esso risalta una cultura oramai radicata nell'attuale società e che si manifesta in modo sempre più esteso, frequente e violento.
Se al giorno d'oggi un insegnante si azzarda a riprendere verbalmente un bambino, magari un po' viziatoo troppo birichino, rischia ritorsioni dai familiari non sempre dialettiche. Se un soggetto sferra un pugno mortale o viene arrestato per presunta appartenenza alla delinquenza organizzata, interi quartieri e comunità si mobilitano e sollevano in sua difesa. Si ha insomma la netta sensazione che siamo sempre più dominati dalla stupida, pericolosa follia di branchi scatenati, certi della sicura protezione sociale e, spesso, anche dell'impunità.
Forse c'è qualcosa che non va e che richiede una seria riflessione prima che il teppismo raggiunga livelli di assoluto dominio. E' possibile contrapporre a questa escalation una politica educativa e culturale basata più sulla civile convivenza, sulla solidarietà e sulla tolleranza? Qualcosa bisogna pur fare, ma non possiamo attenderci nulla da una "casta" politicante tanto corrotta e incompetente, non estranea al degrado in cui ci troviamo (com'è lontano il tempo del mediatico 'martellamento' sulla "sicurezza").
Comunque per prima cosa è indispensabile cercare di comprendere, alla radice, l'origine degli avvenimenti. Qualcosa si è già detto, ma l'affermazione di Paolo Borsellino, espressa qualche giorno prima di essere assassinato, è indispensabile per meglio afferrare il concetto: "I giovani e la mafia? E' un problema di cultura non in senso restrittivo e puramente nozionistico, ma come insieme di conoscenze che contribuiscono alla crescita della persona. Fra queste conoscenze vi sono quei sentimenti, quelle sensazioni che la cultura crea e che ci fanno diventare cittadini, apprendendo quelle nozioni che ci aiutano a identificarci nelle Istituzioni fondamentali della vita associativa e a riconoscersi in essa".
In poche parole assegna all'amorevolezza, a quella cultura che viene dal profondo dell'animo, la sola forza, l'autentico progresso (molto più indispensabile del tecnologico) non solo in grado di assicurare la sopravvivenza umana, ma anche un'esistenza serena, vivibile, pacifica.
Se così è, le Istituzioni a noi più vicine, Province, Comuni e Scuole, al di sopra di ogni appartenenza o difficoltà, devono promuovere incontri pubblici, coinvolgere i cittadini e informarli sulle reali situazioni imposte da crisi e congiunture non certo determinate da gente semplice e benpensante, ma dalla corruzione, avidità e delinquenza tipiche di chi, attraverso il Potere e la prevaricazione, pensa esclusivamente al proprio tornaconto. E' sempre il popolo a pagare la loro bramosia e, in questo modo, il loro volgare esempio resta per molti l'unica speranza in cui confidare per la soluzione dei propri problemi e frustrazioni.
Se così è, bisogna superare ogni stolta (e voluta) contrapposizione partitica, ogni forma di fanatismo, ogni maniacale glorificazione dell'AVERE (nei cimiteri il denaro non vale niente), ogni bisogno di sentirsi forti, 'padroni', conquistatori, nella consapevolezza che questo piccolo pianeta, chiamato "TERRA", è il solo che abbiamo e che dovremo, tutti, lasciarlo in eredità a coloro che verranno.

sabato 18 settembre 2010

GLI ONOREVOLI “ROM”


Bossi è ‘scatenato’ contro tutti i ROM e, sulla scia del Presidente francese Sarkozy, vuole cacciarli dall’Italia. Se la totalità di quella etnia nomade fosse riconosciuta affetta da delinquenza patologica, tale da mettere a repentaglio l’intera collettività, ben vengano le espulsioni e… tanti auguri a chi li dovrà ospitare.

Ovviamente così non è come non lo sono tutti gli stranieri che sono approdati in Italia, come non lo erano tutti gli italiani (circa 25 milioni) che sono stati obbligati dalla miseria ad emigrare in molti Paesi del mondo.

Ciò premesso, non resta che mettere in condizioni di … “non nuocere” tutti quei disonesti e farabutti che gravano sulle spalle della collettività. Giusto?

La delinquenza, in un sistema in cui l’agiatezza caratterizza un’infima parte della popolazione mondiale, tende sempre più ad espandersi in rapporto alla necessità imposta dalla sopravvivenza. Nel brutale vivere quotidiano, la lotta tra poveri è sempre più esasperata; negli Stati più ricchi si cerca di criminalizzare (il popolino vota sempre con convinzione chi, falsamente e vilmente, si accanisce contro i “nemici”) anche contro chi in realtà non delinque. Chi si ‘spinella’, chi è ‘nero’, chi è immigrato o comunque ‘diverso’. Non a caso le nostre carceri sono affollatissime di furfanti da strapazzo, il che comporta il periodico “condono” che non solo ne rimette tanti in circolazione, ma (e qui è il vero scopo di tale ‘bontà’) evita la galera a personaggi di ben altra levatura e appartenenza sociale.

Chi sono e dove sono allora tanti di questi privilegiati che, se proprio va loro male, dopo qualche giorno in ‘cella’, se la spassano ai domiciliari o circolano liberamente nei meandri istituzionali, magari coperti e garantiti dalla solidarietà ‘castale’ dei propri colleghi? In Parlamento sono presenti una trentina di inquisiti e anche già condannati. Tra questi lo stesso Bossi che è stato condannato a 8 mesi nel processo per le maxi-tangenti Enimont.

Qualcuno può anche pensare che … non sono soldi nostri. In realtà non è quasi mai così. Basta pensare che la Corte dei Conti ha stimato in 60 miliardi di euro la corruzione annuale in Italia; 1000 € per ogni italiano. Altro che ROM.

Si può ben capire la reazione della persona semplice di fronte al timore di restare vittima di aggressioni o ruberie ad opera di malavitosi da strapazzo, ma questa non solo è opera di disonesti, ma anche della società iniqua e schifosa che ci viene offerta dalla “Classe dirigente”, proprio da coloro che, già ricchi e protetti, persistono a delinquere impunemente e spudoratamente.

La Costituzione italiana è una delle migliori al mondo, ma, innanzitutto, non costituisce punto di riferimento, specie per le grandi, ‘legalizzate’ ruberie. In essa è ribadito il concetto che: “La legge è uguale per tutti”. Una cosa del genere, tanto ovvia che non sarebbe neanche da scrivere; eppure l’illegalità e la furfanteria di Stato regnano sovrani. Conteniamo perciò la paura nei limiti che gli sono propri e apriamo gli occhi di fronte agli autentici mistificatori, partendo da presupposto che il POTERE vive e prospera con l’inganno e la manipolazione delle menti.

lunedì 24 maggio 2010

"LIBERI DI DIRE NO"

Tanti anni fa Sofocle scrisse di Antigone, di suo fratello Polinice, morto in battaglia, della legge emanata dal reggente di Tebe, Creonte, che vietava di seppellirlo: nemico dello Stato, doveva restare preda dei corvi. Ma Antigone lo seppellì e, processata e condannata, spiegò a Creonte che quella era una legge degli uomini e che però ci sono altre leggi, a queste superiori; e che lei di quelle teneva giudizio e a quelle aveva obbedito.
Nei miei anni di magistrato ho vissuto spesso questo conflitto e sono felice di non doverlo vivere ora, chiamato ad applicare una legge vergognosa, emanata da una classe dirigente arrogante e tremebonda, impegnata in una lotta disperata per l'impunità e la sopravvivenza.
Sono felice di essere libero di non rispettare la legge, di poter dire al giudice che mi processerà per aver raccontato ai cittadini i delitti commessi da quelli stessi che vogliono impedirmi di raccontarli, che si, è vero, ho violato la legge di B, di Alfano, di Ghedini, dei tanti volenterosi protettori di capi e sottocapi colti con le mani nel sacco; ma che questa legge è ingiusta.
Sono felice di poter chiedere al mio giudice di non condannarmi, perché la legge bavaglio è contraria ai principi della Corte di Giustizia dell'Unione europea. Sono felice di potergli chiedere il rinvio della legge alla Corte costituzionale perché, ancora una volta, sia evidente il disprezzo di B&C per i principi fondamentali del nostro ordinamento.
Sono felice di poter chiedere alla Corte europea dei diritti dell'uomo, se mai necessario (prima dovrei essere condannato), di dichiarare che questa legge è contraria alla Carta dei Diritti. E, alla fine, sarò felice anche se fossi condannato; perché con me saranno condannati centinaia di giornalisti, di direttori di giornali, di editori.
E sarà questa la prova più evidente di quella verità ostinatamente negata da B&C anche dopo la pubblicazione (la pubblicazione, vedete?) delle intercettazioni di Trani, quando B. spiegava che a lui (a lui) non piaceva Annozero e che quindi nessuno (nessuno) avrebbe più dovuto vedere questa trasmissione: è una dittatura quella in cui Antigone deve ancora scegliere tra le leggi dello Stato e leggi a queste superiori.
Forse da qui inizierà il cambiamento.
(Articolo di Bruno Tinti pubblicato da "il Fatto Quotidiano" del 23/5/2010)

venerdì 23 aprile 2010

"INFORMAZIONE MONOLOGANTE"

Il 16 aprile, al teatro "Apollo", si affrontava un tema molto delicato e attuale: "LA SOCIETA' DELLE DROGHE". La consistente presenza dei cittadini, a testimonianza dell'interessante argomento, trovava motivo di ulteriore curiosità nella presenza del sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Senatore Carlo Giovanardi, estensore di una normativa sulle sostanze alluccinogene , approvata con voto di fiducia alla vigilia delle elezioni 2006 e oggetto di dure contestazioni da parte dei fautori della prevenzione e del recupero.
Il personaggio di maggiore spicco fa però sapere che, a causa di impegni istituzionali, sarà costretto a procrastinare di qualche ora la sua presenza. L'attesa provoca un leggero slittamento del programma che inizia con l'introduzione del Sindaco Flavio Zura.
Il 'Primo cittadino' esordisce con la necessità di ... mantenere alto il "livello di guardia" nel tentativo di arginare il problema, che da tempo caratterizza la comunità moglianese. "Perché ci si avvicina alla droga?" si chiede Zura; forse per 'provare nuove emozioni?' Per emulazione, competizione, esclusione o difficoltà nell'affrontare la realtà? Cause molteplici, ma difficili da definire in una società aggressiva e individualista. Il relatore propende comunque per una efficace opera di "Prevenzione" e propone un 'tavolo di lavoro' in grado di elaborare progetti che vedano l'opera congiunta di amministrazione, scuola, associazioni e cittadini.
Seguono gli interventi degli assessori Zanini (servizi sociali) e Quarchioni (politiche giovanili); la prima amplifica l'argomento con l'identificazione delle ... "nuove dipendenze" (gioco d'azzardo, TV, internet ...), il secondo tenta di "toccare" le coscienze dei presenti con un audiovisivo alquanto antitetico (una nota pubblicità che vede vari campioni calcistici condannare la 'droga'); conclude sollecitando la partecipazione di 'Anime sensibili alle problematiche cittadine'.
Molto pregnante e riflessivo l'intervento del Coordinatore Dipendenze Patologiche, Gianni Giuli, che denuncia l'uso di droghe 'miscelate', abuso di alcool molto precoce e marketing sempre più aggressivo. Accusa l'uso crescente e specifico di 'cocaina' da parte degli "over 40", una politica molto poco etica, scarsità di luoghi di aggregazione, eccessiva 'competizione', carente informazione scientifica; auspica più alleanza e collaborazione tra scuola e famiglie.
Josè Berdini, responsabile delle comunità PARS, cerca di spiegare, attraverso la sua esperienza e convinzione cultural-religiosa, perché non bisogna drogarsi. Si risponde attraverso un'analisi troppo confinata nella propria realtà.
Don Iginio Ciabattoni, fondatore della Comunità "Croce bianca" di San Severino, invita a parlare meno di droga e più della vita attraverso il presupposto che per essere Uomo, bisogna essere 'pensante'. Pone ai presenti un fermo interrogativo: "Perché si va verso la droga?" Afferma che la 'prevenzione' dipende dai genitori e individua la 'terapia' nella scuola del ... Padre, inteso come il più alto rappresentante della comunità cattolica. Conclude con un monito: "Guai a riempire le carceri e svuotare le comunità".
Durante quest'ultimo intervento, si materializza la nota figura dell'ospite d'onore. Il Senatore Giovanardi esordisce con una decisa premessa: "La mia legge (49/06) non è rigorosamente punitiva, ma si pone come finalità prioritaria il recupero dei piccoli spacciatori e consumatori". In tal senso cerca di avallare gli intenti con l'enunciazione di percentuali, a volte contraddittorie con quelle ufficiali, come i dati che denunciano un aumento (dal 36,4% del 2005 al 47,6% del 2009) degli arresti per traffico e uso delle sostanze psicotrope; un incremento che trova conferma nel super affollamento delle carceri nazionali. Conclude con una drastica convinzione: "I narcotrafficanti sono in grado di destabilizzare gli Stati". Dopo tale grave e preoccupante affermazione, lascia gli astanti per tornare in fretta nella sua città d'origine.
Sarà stato forse per questo repentino commiato o per timore di domande invadenti vista la delicatezza degli argomenti trattati che, al saluto del Senatore, il coordinatore dell'incontro, Claudio Luchetti, si è affrettato ad augurare la ... "Buona notte", lasciando sgomenti quanti, dopo i reiterati inviti alla collaborazione tra istituzioni e cittadini, non hanno potuto porre quesiti e problematiche che l'interesse del tema imponeva.
Una macroscopica e deludente contraddizione che mette comunque in dubbio la reale volontà di una apertura al dialogo e al confronto con i moglianesi, molti dei quali coinvolti e spesso soli nell'affrontare l'inquietante dramma delle tossicodipendenze.
Per ora si è negato il naturale dibattito; non è che presto ci sarà l'adunata coatta?

giovedì 8 aprile 2010

"SE NON ORA, QUANDO? OVVERO: PD, SE CI SEI, BATTI UN COLPO !"

Le considerazioni esposte da Marco Travaglio con i due editoriali recentemente pubblicati, già fanno ben comprendere la sudditanza del PD nei confronti del Primo Ministro Berlusconi. Proprio durante la recente campagna elettorale, una esponente 'piddina' locale, di fronte alla enunciazione di vari fatti comprovanti la tutela degli interessi berlusconiani da parte dei leaders del PD, soprattutto negli anni di governo del centrosinistra, limitava la sua obiezione ad una significativa frase: "Dite sempre le stesse cose". Comprensibile se si fosse affermato di aver 'beccato', magari D'Alema, a fare bisognini dietro qualche albero, ma imputare al maggiore Partito della sinistra di avere sostenuto l'ascesa berlusconiana non è proprio una bazzecola.
La domanda conseguenziale d'obbligo è però: quando è iniziata la cultura berlusconiana? Premesso che corruzione e intrallazzi esistevano anche ai tempi della vecchia DC, bisogna aggiungere che la pudicizia del tempo non ne consentiva l'improntitudine e l'arroganza. Tutto doveva avvenire nel mistero o nel vago; quando si scopriva qualche 'maracchella', la fine politica dei protagonisti era assolutamente assicurata. Il PCI e il PSI vigilavano con attenzione e severità.
Al vertice di quest'ultimo c'era una figura nobile e integerrima come Pietro Nenni che ne garantiva eticità e costume; nel PCI si andava consolidando la segreteria di Enrico Berlinguer, altro uomo di levatura morale assoluta e propugnatore della famosa "Questione morale". Insomma due soggetti di altissima equità e, pertanto, decisamente incorruttibili.
Il problema si poneva però alle spalle di questi esemplari dirigenti, dove lo 'stimolo' intrallazzatorio scalpitava in attesa delle opportunità che potevano presentarsi.
L'occasione per il PSI giunse il 16 luglio 1976 all'Hotel Midas di Roma, quando fu eletto segretario Bettino Craxi. La sua elezione segnò l'inizio di una nuova strategia politica che lo portò ad essere il primo Presidente del Consiglio socialista. La sua segreteria fu anche occasione di rinnovamento ai vertici del Partito, con l'inserimento dei cosiddétti 'quarantenni' che ne stigmatizzarono il nuovo corso politico.
Fu in quel periodo che il 'rampante', giovane Berlusconi consolidò l'amicizia con il leader socialista. Questi lo ripagò, nel 1984, con due decreti che neutralizzarono le ordinanze dei pretori che, in conformità alla legislazione vigente sulle TV private, ne oscurarono i relativi canali in varie Regioni e, nel 90, con la legge Mammì che escluse ogni normativa antitrust e assicurò il possesso di tutte le 3 reti a Mediaset.
La prestigiosa figura di Berlinguer nel PCI, protagonista di esaltanti successi elettorali, non poteva essere messa in discussione. Solo un fatale ictus ne stroncò l'esistenza, il 7 giugno 1984 a Padova, durante l'ultimo comizio. Milioni di affranti 'compagni' ne seguirono il feretro, ma qualche dirigente, in cuor suo, non ne soffrì troppo. Con la caduta del 'muro di Berlino, nel 1989, ebbe inizio la metamorfosi di quel Partito, che tante speranze aveva suscitato nelle classi meno facoltose e più sfruttate.
Nel 1992 scoppia "tangentopoli", un fenomeno corruttivo che coinvolge un'ampia fascia del ceto politico della 'vecchia repubblica'. Un 'bubbone' che travolge i vertici politici di molte realtà istituzionali e offre agli italiani una immagine devastante dell'intera, ingorda classe dirigente. Craxi, in un disperato tentativo di autodifesa, accusa di collusione l'intero sistema partitico; è la conferma dell'estesa degradazione dell'elite partitica.
La speranza che la magistratura, per la prima volta decisamente impegnata contro i potentati istituzionali (raramente sfiorati prima), potesse 'ripulire la nazione dal 'cancro' della dissolutezza partitica, dura qualche anno per poi essere, inesorabilmente, riassorbita nell'alveo della deprimente, ingiusta impotenza.
Il 1994 segna la "discesa in campo" di Silvio Berlusconi; con esso nasce la 2^ Repubblica. L'uomo 'nuovo' dispone di adeguati mezzi mass mediatici ed economici per imporre la sua immagine ad un popolo profondamente deluso e sfiduciato. Vince subito le elezioni; questo travolgente debutto, segna l'inizio dell'era 'berlusconiana'.
Le sinistre, in particolare l'allora PDS (più rappresentativo), si mostrano incapaci di reagire adeguatamente, perdono progressivamente l'identità, soffrono traumatiche lotte intestine, subiscono la protervia delle destre, si sfaldano inesorabilmente fino a connaturarsi con la cultura che il 'magnate' di Arcore propina a 'piene mani'.
Se la POLITICA è "la scienza e l'arte di governare lo Stato", trascorsi oltre tre lustri dal debutto politico di Berlusconi, si può tranquillamente affermare che tale definizione è stata assolutamente disattesa, anche perché il Capo dell'esecutivo si è sempre prioritariamente preoccupato delle proprie problematiche (ben 38 leggi ad personam), acquisendo così anche un protèrvo potere su ogni altra istituzione a tutela della democrazia.
In tale contesto la 'corruzione', rispetto ai tempi di tangentopoli, si è notevolmente dilatata; la Corte dei Conti ha calcolato che questa prassi illecita costa agli italiani circa 60 miliardi di € annui (praticamente 1000 € a carico di ogni cittadino). Ciò che però costituisce il lato più degradante e preoccupante dell'illecita questione, è la pressoché totale impunità della "CASTA".
Questa analisi spiccia, ma sufficientemente eloquente, già aiuta a comprendere come, nel degrado sempre più tracimante, anche le poche individualità che tentano di opporsi, rischiano di essere travolte o risucchiate nella melma putrescente che sale sempre più impetuosa e pericolosa.
Ecco allora che in tale contesto, e valutando l'eloquente atteggiamento del PD che non costituisce alcuna seria opposizione, si può giungere alla conclusione che il 'berlusconismo' è attribuibile a Craxi, ma su quel fertile terreno si è poi sviluppata e amplificata una concezione culturale che non consente una chiara valutazione dei nefasti eventi che si prospettano e, soprattutto, la crescente sensazione d'impotenza degli elettori, risaltata anche dal notevole incremento degli astenuti alle recenti elezioni regionali. Un evidente segnale di protesta, ma che alla resa dei conti, come l'esultanza dei 'meno sconfitti' conferma, non gode di alcuna considerazione.
Forse è il tempo di scuotersi. Se non ora, quando?

martedì 6 aprile 2010

"L'INCIUCIO CHE VOGLIAMO"

Dopo l'articolo di Travaglio già trascritto, avrei voluto esprimere una mia opinione sulla situazione politica nazionale che ci caratterizza. Ritengo però più utile affidarmi ancora alla penna del 'grande' giornalista per fornire ulteriori informazioni e ragguagli al riguardo del tema in discussione: 'la crisi della sinistra'. Il suo contributo, condivisibile o meno, è indispensabile per afferrare il senso del 'presente' e intuire le vicissitudini del futuro prossimo.
"Qualche mese fa, intervistato da Franco Marcoaldi su Repubblica, il grande intellettuale mitteleuropeo George Steiner denunciava: 'Abbiamo perso l'arte di dire 'no'. No alla brutalità della politica, no alla follia delle ingiustizie economiche che circolano, no all'invasione della burocrazia nella nostra vita. No all'idea che si possano accettare come normali le guerre, la fame, la schiavitù infantile. C'è un bisogno enorme di tornare a pronunciare quella parola. E invece ne siamo incapaci. Sono sgomento di fronte all'acquiescenza di tante persone per bene, trasformate in campioni di fatalismo, quasi che protestare fosse diventato inutile e imbarazzante. Ma le personalità più grandi del nostro tempo, i Nelson Mandela, i Vaclav Havel, non hanno mai provato questo imbarazzo. Purtroppo la famiglia, la scuola e il sistema mediatico inoculano sistematicamente tale virus. Ci predispongono al più totale conformismo.. E' fondamentale riabituarsi alla resistenza contro i falsi idoli del nostro tempo. A partire da quello principale: il fascismo del denaro ... Il potere politico è nelle sue mani. Voi in Italia ne sapete qualcosa ...".
Ecco: il fascismo del denaro che ci comanda da almeno 16 anni ha convinto l'opposizione che dire no è disdicevole, disfattista, passatista, e peggio ancora è dirlo in piazza. E' cosa buona e giusta invece dire sì, mettersi d'accordo, sedersi attorno a un tavolo per scrivere 'riforme condivise'. Quali è secondario. L'importante è sedersi al tavolo, anzi a tavola. Infatti dopo qualche settimana di polemiche di maniera fra maggioranza e opposizione, strumentali a trascinare ancora qualche elettore alle urne, si ricomincia.
Cicchitto chiama a raccolta Pdl, Lega, Udc e Pd per riformare (cioè devastare) la Costituzione, e lo sventurato, cioè il Pd, risponde. Lo fa per bocca di tale Giorgio Merlo, tutto giulivo per la profferta di uno strapuntino al famoso "tavolo gentilmente offerto al suo partito. Purché - precisa - il Pd possa "emendare" la proposta della maggioranza. A questo si è ridotta la cosiddetta opposizione: a emendare le porcherie di questa losca destra. Dire no è fuori discussione: "Sarebbe irresponsabile - spiega il Merlo - offrire giustificazioni a chi vuole bloccare tutto, gridare al 'golpe' e alla 'dittatura'. Il Pd, com'è noto, non appartiene a questa canea". E bravo Merlo. Conosciamo l'obiezione dei presunti "riformisti": le regole del gioco si scrivono insieme, altrimenti la maggioranza ha l'alibi per fare da sola.
E proprio qui sta il punto: senza i voti del Pd, il Pdl non può cambiare la Costituzione senza passare per il referendum popolare (senza quorum). Dunque, una volta tanto, il Pd ha diritto di veto. Perché allora non prendere l'iniziativa e, dicendo no a boiate tipo il presidenzialismo e la controriforma della giustizia, sfidare Pdl e Lega a dire si a una seria legge anticorruzione? Sulla carta, un mese fa, erano tutti d'accordo, poi non se ne seppe più nulla. Ora Berlusconi, per motivi autobiografici, non potrà che dire no, ma leghisti e finiani dovrebbero dire si. Così Pd e Idv insieme potrebbero regalare al Paese una riforma davvero necessaria e, al contempo, spaccare il centrodestra.
Basta copiare il "patto anticorruzione" appena siglato a Madrid dal governo Zapatero e dall'opposizione di centrodestra dopo l'ultima ondata di scandali. Anziché attaccare i giudici e abolire le intercettazioni, in Spagna se la prendono col sistema del malaffare e corrono ai ripari con misure concrete: sostituzione dei politici con tecnici nelle commissioni urbanistiche, divieto assoluto di accettare regali, pubblicazione delle retribuzioni e delle proprietà di assessori e pubblici funzionari, sospensione da ogni incarico dei dirigenti finiti in carcere per tangenti.
In Italia c'è da fare ben di più, visto che negli ultimi 15 anni la classe politica ha smantellato ogni difesa immunitaria contro Tangentopoli. Nei prossimi giorni 'il Fatto' proverà a suggerire qualche mossa semplice e concreta. Semprechè, s'intende, Pd e Idv siano interessati all'articolo".

(Marco Travaglio da "il Fatto Quotidiano" del 6/4/2010)

martedì 30 marzo 2010

"UN'ALTRA CAPORETTO"

Mentre il Pdl di "Menomalechesilvioc'è" perde 8,5 punti in un anno e tocca il minimo storico, la Lega lo asfalta al nord e Fini può rivendicare i successi in Lazio e Calabria con i suoi Polverini e Scopelliti, soltanto il vertice del PD poteva trasformare la débàcle berlusconiana in una Caporetto del centrosinistra (fra l'altro, scambiata per una vittoria). Bersani, cioè D'Alema e i suoi boys (almeno quelli rimasti a piede libero), ce l'han messa tutta per perdere le elezioni più facili degli ultimi anni e, alla fine, possono dirsi soddisfatti.
In Piemonte hanno candidato una signora arrogante e altezzosa, bypassando le primarie previste dallo statuto del Pd per evitare di dar lustro al più popolare Chiamparino e riuscendo nell'impresa di consegnare il Piemonte a tale Cota di Novara per solennizzare degnamente il 150° dell'Unità d'Italia. A Roma, la città del Papa, hanno subìto la candidatura dell'antipapista Bonino per mancanza di meglio ( il meglio ce l'avevano, Zingaretti, ma l'hanno nascosto alla Provincia per evitare che, alla tenera età di 45 anni, prendesse troppo piede), poi l'han pure lasciata sola per tutta la campagna elettorale. In Campania, calpestando un'altra volta lo statuto, hanno sciorinato un signore che ha più processi che capelli in testa perché comunque era "un candidato forte": infatti. In Calabria han riciclato un giovin virgulto come Agazio Loiero, che quando ha perso come tutti prevedevano si è pure detto incredulo, quando gli sarebbe bastato guardarsi allo specchio.
Non contenti, questi professionisti del fiasco, questi perditori da Oscar le hanno provate tutte per fumarsi anche la Puglia, candidando un certo Boccia che perderebbe anche contro un paracarro, ma alla fine hanno dovuto arrendersi agli elettori inferociti e concedere le primarie, vinte immancabilmente dal candidato sbagliato, cioè giusto. Hanno inseguito il mitico "centro" dell'Udc, praticamente un centrino da tavola all'uncinetto, perché "guai a perdere il voto moderato". Infatti gli elettori sono corsi a votare quanto di meno moderato si possa immaginare: oltre a Vendola, i tre partiti che parlano chiaro e si fanno capire, cioè la Lega, Cinque Stelle e Di Pietro. Altri, quasi uno su due, sono rimasti a casa o han votato bianco/nullo, curiosamente poco arrapati dai pigolii del "maggior partito dell'opposizione" e dal suo leader, quello che "vado al festival di San Remo per stare con la gente" e "in altre parole un'altra Italia".
Se, col peggiore governo della storia dell'umanità, l'astensionismo penalizza più l'opposizione che la maggioranza, un motivo ci dovrà pur essere. L'aveva già individuato Nanni Moretti nel lontano febbraio 2002, quando in piazza Navona urlò davanti al Politburo cebtrosinistro "con questi dirigenti non vinceremo mai". Sono gli stessi che sfilano in tutti i salotti televisivi, spiegando che la Lega vince perché "radicata nel territorio" (lo dicono dal 1988, mentre si radicano nelle terrazze romane o si occupano di casi urgentissimi come la morte di Pasolini) e alzando il ditino contro Grillo, che "ci ha fatto perdere" e "non l'avevano calcolato". Sono tre anni che Beppe riempie le piazze e li sfida su rifiuti zero, differenziata, no agli inceneritori e ai Tav mortiferi, energie rinnovabili, rete, acqua pubblica, liste pulite, e loro lo trattano da fascistaqualunquistagiustizialista.
Bastava annettersi qualcuna delle sue battaglie, dando un'occhiata a Obama, e lui nemmeno avrebbe presentato le liste. Bastava candidare gente seria e normale, fuori dal solito lombrosario, come a Venezia dove il professore Orsoni è riuscito addirittura a rimpicciolire Brunetta. Ma quelli niente, encefalogramma piatto. Come dice Carlo Cipolla, diversamente dal mascalzone che danneggia gli altri per favorire se stesso, lo stupido danneggia sia gli altri che se stesso.
Ecco, ci siamo capiti. Ce n'è abbastanza per accompagnarli, con le buone o con le cattive, alle loro case (di riposo). Escano con le mani alzate e si arrendano. I loro elettori, ormai eroici ai limit del martirio, gliene saranno eternamente grati.

(Marco Travaglio da "il Fatto Quotidiano" del 31/3/2010)

lunedì 22 marzo 2010

"FU ... ANONIMO"

La voce che proviene dall'altro capo del telefono è quella di mio figlio. Dopo i convenevoli mi chiede se ho individuato l'anonimo che scrive su questo blog. "Non ancora, gli rispondo, ma sono convinto che presto la sua acredine esasperata lo tradirà".
Non vado spesso in quel quartiere ai confini paesani; troppo fuori dai miei itinerari abituali.Quando capito da quelle parti, non manco però di far visita al 'vecchio' amico che costituisce l'unico motivo di richiamo in quella diramazione.
Sono da quelle parti e decido per un breve saluto. Entro nel laboratorio artigianale; l'immagine che si presenta non è nuova, anzi, sembra che il tempo si sia fermato visto che ogni cosa è rimasta pressoché immutata. Lui è alla 'pressa' a confabulare con due presumibili clienti, l'aiutante al rituale impegno, la consorte al solito, dinamico tutto fare. Qui la crisi, fortunatamente, non è percepibile. La titolare mi stimola amabilmente a visitare l'anziana di famiglia, che è, oltretutto, alla vigilia di un intervento chirurgico.
Salgo, saluto affettuosamente la simpatica interlocutrice, ci intratteniamo sul suo stato di salute; è tranquilla e fiduciosa. Prima del commiato mi esprime la sensazione della non lontana dipartita e il desiderio di avermi presente nel tragitto verso l'ultima dimora. Sorrido della sua esagerazione e la rassicuro sulla mia partecipazione se il destino, ovviamente, lo consentirà.
Ritorno nel laboratorio per adempiere allo scopo della mia presenza; non ci sono estranei e penso ad un rapido congedo. In modo improvviso la contitolare mi riversa addosso una sequela di accuse e contumelie su ciò che scrivo, sul mio ateismo (?) e sul comportamento tenuto nei confronti dell'ex sindaco. Ogni tentativo di dialogo è vanificato dalla sua aggressiva logorroicità. Solo l'arrivo di uno spedizioniere la costringe ad altro impegno, ma il mio stupore non è destinato al sopimento. Con altrettanta astiosità le subentra il consorte che esplode il proprio rancore, evidentemente a lungo represso, con una serie di incriminazioni e insinuazioni 'vomitate' anche con la rabbia e l'animosità di chi non possiede l'ombra di un dubbio; ogni sua domanda è soddisfatta dalla sua risposta. Un turbinio di parole si susseguono senza sosta.
Consapevole delle assurdità pronunciate, tento, inutilmente, di stabilire un dialogo più adeguato alla circostanza. Anche l'atavico rapporto di conoscenza non mi consente di credere a ciò che vedo e sento; alla fine comprendo che è impossibile placare tanto furore.
Piuttosto incredulo e amareggiato, lascio ognuno nelle proprie convinzioni e mi avvio per la mia strada; il silenzio che segue mi concede la sospirata pausa di riflessione. E' un lampo! Quelle accuse le ho già lette e riproposte, identiche, su questo blog.
Si, anziana amica, se il destino vorrà, sarò presente al tuo ultimo cammino; per ora ti abbraccio con affetto. Addio.

PS.: Questa è una riflessione personale e non avrebbe dovuto essere pubblicata sul blog. Ne sono consapevole e chiedo scusa ai tanti amici che mi leggono. Comunque, se ho ritenuto di rendere pubblico l'accaduto è perché attinente alle tematiche trattate in merito alla "viltà" di chi, anziché porsi nell'ottica umana di proporre un dialogo sereno, semplice, doveroso e reciprocamente utile, ha preferito ricorrere all'anonimato.

mercoledì 17 marzo 2010

"DEMOCRAZIA O DITTATURA?"

Un leader non teme il popolo, non lo fugge e a testa alta risponde agli affronti e alle voci fuori dal coro. Un dittatore rifugge il confronto, scende accerchiato da guardie del corpo e da una folta claque pronta ad applaudirlo.
Per un leader il suo popolo è la sua forza. Per un dittatore la folla è una comparsa, è lui l'unico protagonista.
Un leader improvvisa quando capita poiché nell'improvvisazione c'è spontaneità. L'apparizione di un dittatore è studiata a puntino e ciscuno recita la sua parte come stabilito: nessuna voce fuori dal coro è ammessa.
Un leader soffre con il suo popolo. Non ruba al suo popolo. Non mente al suo popolo.
Un dittatore accumula ricchezze all'estero su conti privati depredando il popolo. Mente al popolo e fa le leggi a proprio uso e consumo, e comunque utili ad una minoranza.
Un leader ascolta il popolo. Un dittatore vuole essere solo ascoltato dai sudditi.
Silvio Berlusconi non potrà mai permettersi la piazza, né un confronto pubblico perché lui è un dittatore. E come tale non scenderà in piazza per spiegare le ragioni del "pasticcio elettorale" perché prima dovrebbe spiegare al popolo le porcate del legittimo impedimento, del decreto interpretativo, del lodo Alfano e le ingiurie rivolte agli organi delle istituzioni.
Berlusconi è un dittatore, per lui il popolo non esiste, esistono i sudditi.
Nessun dittatore può permettersi di insultare i duoi sudditi e chiedere loro allo stesso tempo di applaudirlo.

domenica 14 marzo 2010

"COSE BUONE O UTOPIA?"

Le amiche Anna e Gabriella, dell'associazione territoriale di Macerata Rete Radié Resch (RRR), promossa a livello nazionale dal giornalista "vaticanista" Ettore Masina, hanno inviato a simpatizzanti e amici la seguente mail:
"Cari amici, dovendo anche questo mese la Rete di MC scrivere la circolare nazionale, dopo la bella e circostanziata lettera di Cristina sulle connivenze italo-libiche, questo mese vorremmo soffermarci SOLO sulle "cose buone" che, anche se non hanno visibilità sui media, esistono e ci permettono di alimentare la speranza di un mondo migliore.
Ed allora una pressante richiesta di segnalazioni di "cose buone" di cui siamo venuti a conoscenza, "cose buone" locali e/o mondiali, cose anche piccole, come facciamo quasi sempre nella ns. lettera locale nella rubrica così intitolata.
Ci aiutate? Se si, davvero la lettera sarà scritta da tutta la Rete di Macerata! Avete tutta la prossima settimana per farci una mail!
Grazie, aspettiamo fiduciose! Anna e Gabriella".
Ecco il mio riscontro:
"E' sempre molto difficile venire a conoscenza delle tante "buone notizie" che si menifestano nel mondo; esse sono infatti essenzialmente circoscritte nel novero dei singoli comportamenti e costituiscono, da sempre, un concreto elemento di solidarietà e, perciò, di speranza. E' certamente questa emozione che conforta e stimola l'umanità nel cammino quotidiano verso una esistenza troppo spesso difficile, affannosa, tragica, quasi sempre affidata al reciproco sostegno, ma anche alla violenza tra derelitti e alla umiliante "carità" di chi si disfa della propria sovrabbondanza.
Nell'attuale momento storico, sempre più dominato da un 'mercato' avido e senza regole, altamente nefasto nei confronti della cultura solidaristica, il pericolo di un atteggiamento progressivamente individualista è tangibile e preoccupante; il 'potere' finanziario, che fino a qualche tempo fa agiva nell'ombra, sta assumendo una visibilità progressiva e chiaramente tendente al dominio globale. Il guaio di questa escalation è che la 'follia' dei 'nuovi barbari' è dovuta alla loro assoluta cupidigia, che li rende sottomessi al danaro e quindi insensibili ad ogni valore, quello della vita compreso. Uno degli esempi più eclatanti di tale scenario è ben riscontrabile proprio in Italia, dove il 'premier' è delegato alla sperimentale concretizzazione della futura società mondiale.
Se così è, quali potrebbero essere le "cose buone" da progettare e realizzare? Innanzitutto dobbiamo convincerci, e convincere, che non si tratta di un evento ineluttabile. E' infatti possibile accettare l'idea che qualche migliaio di 'dementi' possano dominare e sottomettere vari miliardi di individui senza che questi reagiscano? Quali mezzi utilizzano per opprimere l'umanità intera? Un tempo disponevano della sola 'forza armata', che era però impiegabile sul ristretto territorio nazionale. Ora, oltre quella, dispongono di efficientissimi mezzi tecnologici, particolarmente idonei all'atrofia cerebrale e al conseguente sopimento delle singole volontà e coscienze.
Allora cosa fare? Confidare nei tradizionali mezzi di opposizione sarebbe come restare in una trincea mentre gli eventi superano ogni barriera; si rende perciò indispensabile ricorrere agli stessi strumenti, non solo tecnologici, degli avversari, ma anche, e soprattutto, sotto il profilo dell'organizzazione basata sulla compattezza, sulla solidità, superando ogni singola presunzione, ideologia, concezione e differenzazione culturale che finora ha caratterizzato l'umanità. Tutto ciò nella consapevolezza che le divisioni, artatamente create, sono sempre servite per scatenare guerre, competizioni, sopraffazioni, intolleranze, fanatismi e lotte tra poveri a vantaggio dei noti, veri, autentici oppressori: coloro che hanno storicamente dominato il mondo per il mantenimento e consolidamento dei propri, atavici privilegi.
Come si può arrivare a questa difficilissima "unità d'intenti"? Solo attraverso l'unica via possibile e consentita: quella della cultura dell'AMORE universale, quello scevro da qualsiasi gratificazione, pulito e naturale; la sola arma che non può essere vinta e che allieta l'anima di chi lo offre e di chi lo riceve. E' utopia? Personalmente non ne sono convinto. Comunque sono altrettanto consapevole dell'enorme difficoltà a superare le convinzioni che un sistema, consolidato nei millenni, ha radicato in ognuno, ma sono similmente persuaso che la ricerca di una vita più serena, in un mondo che ponga al centro l'UOMO, sia anelito e speranza di ogni essere umano.
In fondo non esiste altra strada e, in ogni caso, l'utopia è come camminare verso l'orizzonte; non lo si raggiunge mai, ma almeno si cammina. Un caro saluto a tutti."

martedì 9 marzo 2010

"6 Marzo 2010 all'Aquila"

6 Marzo 2010, una data che rimarrà impressa nella memoria.
All'Aquila, con il popolo delle agende rosse, alla ricerca di Giustizia e Verità ho trovato tanta gente; gli aquilani, i viareggini e i cittadini di Giampileri in Sicilia, con le foto dei loro cari, hanno marciato con noi, agende rosse marchigiane, per urlare, con doveroso silenzio, la nostra indignazione alla fame di giustizia che pervade il nostro Paese.
Don Alex Zanotelli ama ripetere che noi stessi siamo il risultato dei nostri incontri e di quello che impariamo dalle nostre relazioni sociali. Dopo aver ascoltato la mamma di David, la mamma di Emanuela, la lettera dell'operaio della Tissen, i nomi delle vittime del terremoto e della strage di Viareggio, mi sono sentita diversa, più ricca di sentimenti, di amici e orgogliosa di aver dato un minimo di conforto a quei genitori che hanno subito un dolore immenso e che ancora non hanno potuto dare giustizia ai loro cari, per una indifferenza imperante, pesante, opprimente.
Al carnevale di Livorno non volevano leggere i nomi delle vittime viareggine:potevano disturbare l'allegria forzata di una patina massmediale, una sorta di pantomima televisiva dove lo spettacolo deve continuare e che non bisogna interrompere.
Occorre mettere al "centro" l'Uomo e la sua autenticità, non il profitto, serve la speranza intelligente contro l'ottimismo stupido, televisivo. La speranza che uomini come Salvatore Borsellino e donne come Sonia Alfano, ci trasmettono con le loro parole, ma soprattutto con la loro coerenza, la speranza che il mondo può essere diverso, solidale e più giusto.
I duri e puri che vogliono mantenere separate questa persone per una logica di appartenenza politica non devono avere spazio. Noi siamo plurali, non inquadrabili dentro una categoria particolare, ma ci unisce l'autonomia critica di cui Romolo ci ha parlato in autobus. Noi dobbiamo strumentalizzare i politici che sottoscrivono le nostre istanze e non permetteremo la strumentalizzazione di chi vuole solo cavalli da cavalcare.
Come si fa? Semplice, occorre riconoscere, ed è possibile, la veridicità delle persone e la loro coerenza, con l'esame della credibilità dei loro comportamenti, e soprattutto con la loro partecipazione. Chi agita l'agenda rossa, senza aver mai condiviso l'anelito di verità e giustizia e senza aver mai partecipato a nessuna iniziativa, ma solo perché la platea è numerosa, non può essere considerato credibile. Le parole delle persone, pronunciate in un'assise più o meno numerosa, trasudano o meno convinzione e coerenza; sta a noi valutarne la credibilità e/o la mancanza totale di convinzione. (Tiziana Streppa)

venerdì 5 marzo 2010

"UOMINI E BESTIE"

In quel caldo giugno del 44, le retrovie tedesche lasciavano frettolose le vecchie postazioni, per arretrare più a nord il fronte di resistenza all'avanzata delle truppe alleate. Il loro sbrigativo perquisire abitazioni, in cerca di vettovaglie o mezzi di fuga, era caratterizzato da ordini perentori e minacciosi. In casa rovistarono con impazienza, ma inutilmente, formulando incomprensibili espressioni che misero a dura prova il coraggio delle due donne il cui atteggiamento preservò, al bimbo che seguiva intimorito la scena, angosciose reazioni.
Quando le prime autocolonne delle truppe alleate in avanzata si stagliarono lungo l'arteria provinciale, fu un accorrere giubilante di adolescenti e giovani, stimolati anche dalle prime, voraci degustazioni di cioccolato, uva passita, chewing-gum e... gustose sigarette. Novità pressoché assolute, come l'aria che sembrava pervadere la collettività, dopo un ventennio avvolto nelle tenebre di una dittatura totalitaria come quella fascista.
Polacchi e inglesi caratterizzarono lo stanziamento temporaneo nel borgo; gli autoctoni fraternizzarono facilmente con i nuovi arrivati, anche per i vantaggi reciproci che ne derivavano. I dissapori furono circoscritti alla naturale conflittualità tra giovani locali e militari, in concorrenza per la 'conquista' delle graziose paesane. Per i fanciulli tutto era occasione di gioco; i mezzi corrazzati, i cannoni, le armi, i proiettili. Questi ultimi erano particolarmente 'preziosi' per le miccie interne, sibilanti e traccianti; un vero spasso, non sempre innocuo.
Ben presto nuove esigenze imposero il trasferimento dei "liberatori" in realtà più adeguate al susseguirsi delle esigenze militari, lasciando nei borghigiani nostalgia, delusioni, amarezza, specie per l'improvvisa restrizione delle poche, ma preziose risorse che l'opportunità aveva offerto. I più afflitti furono gli adolescenti che persero, in un sol colpo, rare delizie e opportunità di originali giochi.
In quell'inoltrato pomeriggio estivo, sotto un sole ancora fremente, il fanciullo stava recandosi verso il luogo, che gli era stato raccomandato, con la mente assorbita dalle tante novità appena vissute. La strada bianca, polverosa non era più percorsa dai vari mezzi che fino a qualche giorno prima si muovevano con frequenza e per destinazioni ignote.
Improvvisamente, dalla curva in fondo al breve rettilineo, si stagliò una figura titanica, con divisa militare e... volto 'nero'. Il piccolo uomo fu subito vittima di un terrore 'nuovo'. Aveva spesso sentito parlare di selvaggi dalla pelle nera, cannibali, corvini stupratori, da vari anni giustamente sottomessi e civilizzati dalla 'razza' italica nelle varie 'colonie' africane, antecedentemente sottoposte "all'abbruttimento di individui rozzi e primitivi".
Il gigante avanzava con passo poco marziale, ma deciso; il ragazzino, vittima di una crescente angoscia, fu più volte tentato dal naturale stimolo della fuga; ma dove scappare? Sarebbe stato rincorso, acciuffato, divorato? Mentre la fanciullesca fantasia elaborava visioni sempre più fosche, la distanza si accorciava inesorabilmente e il destino sembrava ormai segnato; non c'era che da affidarsi al residuale coraggio ed affrontare 'eroicamente' la sorte.
Forse l'omone aveva intuito i timori del marmocchio; chissà quante analoghe circostanze aveva vissuto nel lungo girovagare sul nostro 'patrio suolo'. Qualche passo prima dell'intersecazione, un soave sorriso e uno sguardo dolcissimo si coniugarono col saluto più delicato che l'enorme soldato potesse esprimere. Il piccolo viandante, completamente rassicurato, tirò prima un profondo respiro per attenuare il turbamento provato, poi iniziò a riflettere sull'origine del suo terrore, pervenendo presto ad una semplice conclusione; gli avevano raccontato un sacco di frottole. Fu così che nel tempo comprese come l'umanità, a prescindere dalla razza, dal luogo di nascita e dalla cultura, è divisa sostanzialmente in due grandi diversità in opposizione: gli Uomini e le Bestie.
I primi godono della saggezza che la natura offre, i secondi si lasciano contagiare dal folle fanatismo.
Non sarà per questo che il genere umano è vittima del conflitto perpetuo
?

lunedì 1 marzo 2010

"INGROIA: UN UOMO DELLA SPERANZA"

La sala è affollata quando, con un po' di ritardo, Antonio Ingroia vi giunge accompagnato da un lungo, caloroso applauso. E' un uomo inseguito da concrete minacce di morte a causa del suo doveroso lavoro. E' un magistrato impegnato presso la Procura di Palermo, la stessa in cui operavano i suoi colleghi e maestri Falcone e Borsellino, quindi una delle più esposte alle ritorsioni di una criminalità organizzata, provvista di mezzi, denaro e collusioni che la rendono ancor più proterva e impunita.
Venire a Tolentino è stata perciò un'impresa ardua, ma non ha voluto deludere le aspettative degli organizzatori che, con tanta ostinazione e abnegazione, si erano prodigati per una ottima e 'tranquilla' accoglienza.
L'occasione è la presentazione del suo ultimo libro "C'ERA UNA VOLTA L'INTERCETTAZIONE". La prefazione di Marco Travaglio si apre con la premessa che non è un trattato giuridico, ma uno strumento utile per comprendere le ragioni di chi, protagonista di tante drammatiche esperienze, può dimostrare come lo sviluppo tecnologico sia indispensabile per opporsi ad una criminalità che può giovarsi ognora di apparecchiature e innovazioni di raffinata ingegnosità tecnica.
Il suo pacato, ma chiaro intervento, offre agli astanti l'opportunità di comprendere quali siano i reali obiettivi che si propone il Governo con la ventilata promulgazione di una normativa, tendente ad annullare l'opera investigativa di Pubblici Ministeri che lavorano per il bene comune. Essi con gran fatica e, a volte, grazie anche ad una buona dose di fortuna, sono spesso riusciti ad evitare stragi e delitti orrendi, oltre a recuperare ricchezze e proprietà banditesche di enorme valore economico, messe a disposizione dello Stato e della collettività (vd. Associazione "LIBERA" di Don Luigi Ciotti).
Ha poi confutato le tante frasi fatte e le bugie che l'Esecutivo propaga dalle varie reti televisive di cui dispone per giustificare la 'necessità' di siffatta normativa. Una delle più sbandierate è stato l'elevato costo e l'ampio abuso delle intercettazioni; saremmo tutti 'controllati' da una magistratura estremamente curiosa e spendacciona.
In realtà il bilancio statale del 2007 per la Giustizia, pari a 7,7 miliardi, è stato 'eroso' dalle intercettazioni per un onere complessivo di 224 milioni, corrispondente al 2,9% (contro il 33% denunciato dai Ministro Alfano). In ogni caso, continua, non si capisce perché si vogliono tagliare le intercettazioni anziché le spese, come da anni la magistratura propone quali la
rivisitazione della disciplina che, attualmente, consente alle compagnie telefoniche, concessionarie dello Stato, di esigere sia dall'intercettante che dall'intercettato l'intera tariffa (due introiti per un'unica telefonata); in Germania i controlli sono invece gratuiti.
Inoltre occorre sostenere l'elevato costo derivante dal noleggio delle apparecchiature necessarie, che potrebbe essere annullato con la formazione di nuclei di polizia specializzati nell'uso di tali, sofisticati strumenti. Conclude con una domanda d'obbligo: "Si è proprio sicuri che un'indagine tradizionale costa meno di quella tecnologica a prezzi ridotti?.
Ma quanti sono gli intercettati? Il ministro Alfano afferma che nel 2007 sono stati ben 124.845 italiani, ma visto che ognuno fa o riceve una trentina di telefonate al giorno, il complessivo delle intercettazioni arriva a 3 milioni. In realtà, nello stesso anno, i decreti di intercettazione emessi sono stati 70.000, corrispondenti però a circa 20.000 persone realmente sottoposte a controllo telefonico; cioè, appena l'1% degli italiani. Il tutto considerando che nella nostra Nazione la criminalità è molto più agguerrita, estesa e organizzata rispetto agli altri Paesi.
In ultima analisi cita il testo di legge sulle intercettazioni approvato alla camera dei Deputati l'11 giugno 2009 che impone le intercettazioni ai soli procedimenti in cui siano già acquisiti evidenti indizi di... colpevolezza a carico dell'indagato. Una opportunità piuttosto contraddittoria visto che a quel punto il malfattore è già individuato.
Perché allora si vogliono mettere i magistrati nella condizione di assoluta inferiorità e impossibilità di contrastare efficacemente, ridando con ciò fiducia ai cittadini che anelano una società più giusta e vivibile, nei confronti di una delinquenza tanto propagata e ottimamente strutturata?
L'interrogativo resta sospeso, ma la risposta è scontata. Come diceva un filosofo greco 500 anni a.c., rifancedosi ai privilegiati del tempo: "La giustizia è come una ragnatela; le piccole vittime vi restano impigliate, le grandi la forano".

lunedì 22 febbraio 2010

"LA VILTA' NON E' (MAI STATA ) UNA VIRTU'"

Su questo 'blog' è da tempo ben visibile la didascalia che riporta un pensiero di Denis Diderot; le opinioni possono non piacere, non essere condivise ed, ovviamente, criticate. Il 'guaio' è quando piacciono a tutti. Perciò ben vengano commenti e osservazioni che stimolano considerazioni e riflessioni utili per l'elaborazione dei concetti trattati e la conoscenza di quanti ritengono positivo il confronto su temi di interesse generale, o opinioni ristrette alle vicende paesane.
E' noto infine che le polemiche sterili lasciano sempre il tempo che trovano.
Quindi tutto rientrerebbe nella semplice normalità e questo scritto, visto che oltretutto non ambisco ad alcun riconoscimento o gratificazione, potrebbe sembrare inopportuno.
Così in realtà non è dato che da tempo un "anonimo" compaesano si diletta a 'sfogare' il suo infantile istinto con affermazioni e giudizi categorici, che hanno già avuto ampio riscontro e adeguata considerazione, purtroppo senza l'esito sperato. Anche l'ironia, un'arma utile ad 'alleggerire' i toni, non è servita ad 'illuminare' l'amico lettore, che si è negato anche per un sereno confronto verbale in luogo pubblico.
Una persona cara spesso mi diceva: "Chi non ha coraggio, non se lo può dare". Perciò il pavido fautore delle ossessioni e dei volgari epiteti che sfoga su questo 'blog' è sempre libero di farlo. Ogni lettore avrà così l'opportunità di valutare il grado di maturità e 'temerarietà' dell'incognito provocatore.
Visto però che..."lo scherzo è bello quando è breve", reputo obbligata una scelta adeguata alla considerazione che può avere un soggetto caratterizzato da viltà e puerile maturazione: quella di non prendere più in alcuna considerazione coloro che evitano di assumere le proprie responsabilità, ricorrendo allo 'schermo' della codardia, per esprimere fanatiche convinzioni e grezze, offensive considerazioni.
Sia chiaro; riconosco di non essere mai stato un temerario, un ardimentoso votato all'eroismo o afflitto dal bisogno di vanagloria, però non ho mai offeso la mia umana dignità, il senso dell'amor proprio che ci dovrebbe distinguere dagli altri esseri viventi e porci comunque da naturale esempio nei confronti, almeno, delle persone amate.
Reputo pertanto la codardia un terribile affronto alla propria personalità; un limite che non consente di appagare il minimo bisogno di autentica libertà e costringe alla perpetua umiliazione chi ne soffre.
Ciò detto, debbo anche convenire che esistono situazioni in cui il celarsi dietro pseudonimi o restare nell'oblio sia una forma di comunicazione obbligata, ma utile alla formazione culturale collettiva; si pensi al noto compaesano "Scalabrino" o al più famoso 'Barone D'Holbach' i cui scritti avrebbero offerto all'Inquisizione motivo di condanna al rogo.
A questo punto ritengo doveroso estendere ad ogni amico lettore l'invito a NON riscontrare provocatori commenti anonimi o chiaramente mistificati; ognuno, se vuole essere rispettato e preso nella dovuta considerazione, deve risultare propositivo e, ancor meglio, identificabile.
I grossolani ignoti scrivano pure tranquillamente; per quanto mi riguarda, non godranno della mia considerazione.

PS: A proposito dell'argomento di cui sopra, mi è giunta oggi, per via telematica, la simpatica riflessione, intercalata da espressioni italico/dialettali frammiste a latino, che di seguito trascrivo:

ALEA ICTA EST
"So poco letteratu e moccò gnorante ma io dé st'amministraziò non cé capisco un gran che. Prima lu consigliu comunale tuttu baldansusu fa n'à delibera pe la sottoscriziò de laccordu de programma. Niente de strano lu scinnecu jà da un po' de jorni dicia che la discarica saria stata l'unica sarvezza de lu paese, rriava li sordi e po' non era manco na vera discarica era, come se dice, un postu do se mette le ecopalle, sci quelle che non puzza!
Nasce un comitatu, tutti se 'ncazza li giornali scrie che se fa a Mojà e tutto d'un trattu l'amministraziò no la vole più, simo fatto un attu duvutu, simo misto le condiziò, a nuatri la discarica ce fa schifo.
Evvavè ce simo bbituati, in Italia ogghi unu è de rifondaziò domà se po' candidà co Berlusconi, se dice che cambia è democraticu, che d'è pure da sverdi. Bah!
Ma quello che ce fa rmane tutti come li stoccafissi è che la bacheca de AN (ma non s'era sciorda?), come li vecchi tempi, cumincia sparà a zero contro l'amministraziò e lu scinnecu. ABBASSO LA DISCARICA!.
L'impressiò, perdoneteme, è che chi ha tirato lu sassu 'mmo nasconne la ma! e come dicia llu poru Cesare ALEA ICTA EST! Che significa? Significa che ammò la DISCARICA CE LA TINIMO.
Tutti li matti a Mojà

Nota: Colui che ha scritto questa simpatica riflessione ha scelto, non so per quale motivo, di celarsi dietro una vecchia definizione, tipica delle peculiarità psicologiche dei moglianesi. Si tratta della 'brutta copia' dell'attuale Scalabrino? Non lo posso sapere, ma ritengo le sue osservazioni rispettose, gradevoli, motivo di riflessione e pertanto utili ad ogni lettore.

sabato 20 febbraio 2010

"VIVERE, NON ESISTERE"

Alle 21 il 'Teatro' è già stipato; gente di ogni età attende l'arrivo dell'illustre personaggio: Salvatore Borsellino, fratello del magistrato Paolo, assassinato a Palermo in via D'Amelio il 19 luglio 1992.
I minuti trascorrono inesorabili, ma nessuno mostra impazienza; nell'attesa volti conosciuti ripropongono vecchie amicizie e nuove se ne creano tra i tanti convenuti. Alle 22 l'ospite arriva; lo sguardo ne tradisce la stanchezza, che si attenua momentaneamente quando risponde con un sereno sorriso allo scrosciante applauso che lo accoglie.
Introduce Giorgio Bongiovanni, il siciliano che da tre decenni vive nelle Marche e noto anche per le 'stigmate' che da molti anni lo caratterizzano; ispiratore dell'Associazione Culturale Falcone e Borsellino (ACFB), in stretti rapporti con la famiglia del magistrato e quindi in grado di rivelarne aspetti della personalità non ufficialmente noti, come la passione per la teologia ed in particolare sulla figura del Cristo, oltre l'ufficialità religiosa.
L'ingegnere Salvatore Borsellino ha trascorso il pomeriggio all'Università di Ingegneria ad Ancona; il trovarsi tra tanti giovani, futuri colleghi, gli ha ricordato i trascorsi giovanili, quando seguì la vocazione tecnica e, perseguita la laurea, decise di trasferirsi a Milano per allontanarsi da una terra soggiogata dalla violenza e criminalità. Paolo ammise di non amare Palermo e proprio per questo decise di restare; voleva lottare per cambiarne l'immagine, renderla vivibile, umana. Poteva farlo solo da 'magistrato', nella consapevolezza dei grossi rischi che ne derivavano. Non ebbe alcun timore perché, com'è noto, era convinto che..."Chi ha paura muore tutti i giorni; chi non ne ha, muore una sola volta". Fu con questa persuasione che, insieme al fraterno amico Falcone, si prodigò in un lavoro non solo pericoloso, ma che imponeva grandi sacrifici a tutta la sua famiglia.
Consapevole che la 'mafia' non poteva essere ostacolata e sconfitta restringendo l'impegno alla manovalanza o ai vertici dell'organizzazione malavitosa, intraprèse il percorso più arduo, quello di 'salire' ai livelli che ne garantivano il 'potere' e l'impunità, una strada irta di ostacoli e rischi pressoché insormontabili. Riusci a superare molti intralci e difficoltà; l'assassinio di Falcone non solo non produsse titubanze o intimorimento, ma ne accentuò il senso di responsabilità incitandolo ad una frenetica lotta contro il tempo, nella consapevolezza del destino già segnato.
Chi ne ha voluto allora la morte? A questo interrogativo, Salvatore e la famiglia Borsellino, hanno dato da sempre una chiara risposta, a suo tempo derisa e sbeffeggiata dai tenutari del Potere politico. Ora sembra che stiano emergendo testimonianze e fatti che ne confermano invece l'attendibilità.
Quali nubi si stanno addensando sui magistrati coraggiosi e ostinati che stanno 'scoprendo' le figure istituzionali, emergenti dalle indagini in corso? Minacce di morte sono già state intercettate, sentenziate. Ancora una volta sembra che gli eventi si ripropongono nella loro aberrante conclusione. Ciò non deve accadere se non si vuole che la 'cappa' opprimente della mafio-massoneria già dominante, cali pesantemente e definitivamente sul capo dei cittadini italiani.
Occore perciò stare vicini, far sentire a questi 'eroi' del nostro tempo che non sono soli, che non sono abbandonati nella loro lotta per la 'giustizia e la verità'. Ecco il punto che impone al fratello di Paolo il continuo e duro lavoro informativo, l'ostinato contatto con ogni cittadino: la VERITA', l'informazione, la conoscenza dei fatti in opposizione alla menzogna, all'inganno quotidiano e perseverante dei mass media monopolizzati da gente senza scrupoli che dispone di mezzi e sudditi di ogni spregevole cinismo.
RESISTENZA! questa è la parola d'ordine che Salvatore ripete con rabbia e convinzione, sottolineando nel contempo l'inganno e la delusione verso tutti i 'partiti' che non hanno la forza o la volontà di porsi sulla strada dell'etica, della morale convinta, senza la quale non c'è possibilità di uscire dalla fetida melma che da decenni tiene avvinghiato il popolo italiano.
L'incontro si conclude con la dovuta precisazione circa il 'sentimento di fede' del fratello; Paolo, attraverso i suoi studi teologici, non aveva consolidato una fede 'bigotta', puramente cattolica, ma la convinzione che DIO è AMORE. L'avidità, la sete di 'potere', la competizione, l'indifferenza, l'odio, la viltà, l'intolleranza e quant'altro di ripugnante, non possono perciò gratificarci della gioia che l'Amore elargisce a quanti godono della fortuna di usufruirne.
Un "grande" uomo, una magnifica serata. Vivere, non esistere!

venerdì 12 febbraio 2010

VIA DELLE "BACHECHE OSCURE"

Non c'è niente da dire; Mogliano è realmente un grazioso paesino. Non concentrato attorno ai tipici colli marchigiani, ma allungato, nella forma di un enorme caimano, in cima ad una soave altura, equidistante dal mare Adriatico e dai rilievi appenninici che si stagliano all'orizzonte, completando un panorama stupendo di colori agresti, tipici delle sinuosità di questa terra prodiga e cortese.
Il centro cittadino è 'tagliato' dal corso principale, che divide l'agglomerato storico in due parti ricche di viuzze, che si snodano tra antiche abitazioni e stimabili 'tempi' religiosi ricchi di semplici raffigurazioni, ma anche da pregiate opere, tra cui una 'pala' del pittore Lorenzo Lotto.
Questo capolavoro, vanto assoluto del fasto artistico paesano, si può ammirare all'interno della Chiesa di Santa Maria, prospicente la Piazza principale e antistante il Teatro "APOLLO", struttura di ragguardevole ingegnosità e maestria.
Per raggiungere questi 'gioielli' è d'obbligo percorrere "via Roma" che offre anche l'opportunità di ammirare 'Palazzo Forti', l'attuale sede comunale, anch'esso degno di apprezzamento e interesse.
Il percorso è però preceduto da un tratto caratterizzato da una serie di "bacheche", circa una trentina (?), che 'stonano' rispetto all'originalità e al fascino del luogo. In verità altre inadeguate 'distrazioni' si sommano al rilevabile e deprecabile 'stato di degrado estetico' e 'vuoto culturale' costituito dalle tante "teche" che da decenni ivi abbandonate riposano.
Lo spettacolo che ne consegue non gratifica il passante che, da troppi anni, trae spunto alle proprie curiosità solo da quelle poche 'vetrinette' che aggiornano le note informative nel tentativo di creare opinioni e interessi specifici.
Si può certo obiettare sul tempo che hanno fatto questi antichi strumenti di comunicazione rispetto ai tanti mezzi che la tecnologia ha portato in ogni casa, ma non si può negare che esse costituiscono ancora un punto di riferimento per diatribe, contese cittadine e riflessioni varie.
Il problema perciò non è quello di disporre di tale mezzo espressivo, ma di utilizzarlo adeguatamente e costantemente, curandone nel contempo la periodica manutenzione e l'estetica, in rapporto alla tipicità del luogo.
Tutto ciò anche alla radicata facezia che definisce quel tratto di strada "via delle Bacheche Oscure"; un appellativo appropriato, ma che offende gli sguardi forestieri e può costituire causa di giudizio per coloro che, in cotanto vuoto, possono riflettere l'erudizione nostrana.
Sarebbe davvéro un bel guaio.