lunedì 20 dicembre 2010

"AFFIDARSI ALLA FOLLIA O ALLA SAGGEZZA?"

Anche questo 2010 è prossimo alla fine. Ricordate come era cominciato? Ognuno affidava all'anno entrante una sfilza di speranze, tra auguri e gioie per la fine di un anno generalmente deludente. E' sempre così; ogni "San Silvestro" si ripetono sostanzialmente gli identici comportamenti pur nella consapevolezza che non cambierà pressoché nulla, ma con l'ostinata illusione che all'inizio di un nuovo anno debba necessariamente corrispondere un generale miglioramento delle proprie condizioni economiche e magari essere prescelti dal destino nella vincita in uno dei tanti milionari concorsi.
Sognare in fondo non costa nulla e tanto vale chiudere ogni anno con la minima soddisfazione di averlo almeno superato e continuare a confidare nel massimo (?) record personale. Forse è proprio questa la causa dell'esaltazione collettiva e dei tantissimi 'auguri' che ci si scambia, spesso più per consuetudine e formalità che per convinzione.
Tutto ciò premesso, quale bilancio trarre da questi dodici mesi ormai trascorsi? Per un pensionato che non ha particolari problemi da risolvere, si potrebbe dire, senza particolare enfasi, che ... "non ci si può lamentare". Nell'ambito del "sistema di vita" che ci caratterizza, disporre di una risorsa economica sicura, anche se limitata, equivale al mantenimento della dignità e della preziosa (finché c'è salute) autonomia. Restare insomma nell'alveo della propria individualità significa restringere notevolmente i parametri di valutazione rispetto alle condizioni dei tantissimi che vivono, o sopravvivono, nella vasta società che ci circonda.
Questo vuol dire che per tentare di comprendere il generale andazzo del 'destino', occorre sempre mettersi ... nei panni degli altri, in particolare di quelli che stanno 'peggio' o vivono addirittura in condizioni drammatiche. Ciò risalta, per logica deduzione, quanto sia profondamente ingiusta la 'società' che l'uomo stesso ha creato; da una parte pochi (stolti) privilegiati che godono di immense, assurde ricchezze, dall'altra una massa enorme di diseredati costretti, dal becero e insensato egoismo, ad una esistenza aspra e perennemente conflittuale.
Il permanere o, peggio, l'acuirsi di tale divario mai consentirà il reale miglioramento dell'umanità e ogni espressione augurale di 'fine anno' rimarrà priva di senso e ipocrita per quanti vivono di cieco formalismo. Ecco il punto: la cecità, la ristrettezza mentale determinata dalla continua ricerca di 'possedere' il più possibile nella convinzione che cosi è e nulla mai cambierà, senza rendersi conto che l'autentico bisogno (naturale) dell'Uomo sono i rapporti sociali, la solidarietà, il desiderio di realizzare il proprio 'spirito' attraverso la capacità di dare un senso alla propria esistenza, nella consapevolezza della brevità e vacuità di ogni vita. E' possibile non riuscire a comprendere come l'avidità sia un idolo che uccide l'anima e rende ogni essere pensante un puro 'schiavo' della propria ingordigia? Di esempi di tali "zombi" non ne mancano; basta osservare con un po' di attenzione, la maggior parte degli eletti nel Parlamento italiano, che non costituiscono certo un referente da imitare, ma che in una società 'malata' sono di fatto esemplari sotto il profilo della tracotanza, della furberia, dell'arrivismo, dell'impunità.
Eppure per comprendere il reale senso di ogni esistenza non è proprio tanto difficile; basta entrare, con spirito analitico e banalmente critico, in ogni ospedale, nelle "case di riposo" e nei 'cimiteri' per intuire la fragilità, la limitatezza e la certa fine di ogni essere vivente.
Perché allora affidarsi alla 'follia', anziché alla saggezza?

lunedì 6 dicembre 2010

"E' ORMAI TEMPO DI SVEGLIARVI DAL SONNO (RM 13,11)"

Per i cattolici italiani è giunto il tempo di un severo esame di coscienza. Quali responsabilità di fronte ai guasti della vita pubblica che si fanno ogni giorno più gravi? E non parlo solo dei quotidiani scandali che riempiono le pagine di cronaca. Parlo del degrado della vita politica e della tranquilla accettazione di un metodo di governo che promette illusioni e lascia affogare il Paese nella "monnezza". Non solo a Napoli e a Palermo, ma dovunque si vive di malaffare, di illegalità, di soprusi.
Come hanno reagito i cattolici all'indegno trattamento riservato a migliaia di migranti (tra cui tanti profughi) respinti in vari campi di concentramento? Invece di reagire all'operato del governo, hanno applaudito o tacitamente acconsentito, preferendo difendere il loro risicato benessere, che si fa ogni giorno più precario. Chi ha levato la voce contro una situazione del lavoro che vede disoccupati migliaia di giovani e costringe tanti operai a sopravvivere con la cassa integrazione?
Non è sufficiente tenere in regola i conti dello Stato. Questo può farlo qualunque buon ragioniere. E' urgente un'azione che ponga fine agli squilibri esistenti tra chi ha molto (in alcuni casi, troppo) e chi non ha niente, tra chi sguazza nel lusso e chi stenta a mettere insieme quanto serve per le quotidiane necessità. Abbiamo detto molte belle parole. Ma non abbiamo avuto il coraggio di denunciare i mali di un capitalismo globalizzato che aumenta i dividendi delle anonime finanziarie (vere centrali di ingiustizia) e tratta gli operai come merce di scambio. Quanti cattolici che si riempiono la bocca di dottrina sociale cristiana sono pronti ad impegnarsi di persona, non per la conquista di un pezzo di potere, ma per un cambiamento che ponga al centro del dibattito i temi della pace, del disarmo, della solidarietà?
E' giusto difendere la vita dall'inizio alla sua conclusione. Ma è ancora più urgente difendere la vita di milioni di bambini che muoiono di fame. E' ancora più urgente impegnarsi per la pace tra i popoli, scoraggiare i risorgenti nazionalismi. Il governo, invece di far propaganda per innamorare i giovani alla vita militare, li aiuti a inserirsi nel mondo del lavoro, crei tutte le occasioni per non lasciare inoperose migliaia di braccia e di menti, per cui tanto si è speso negli anni della formazione scolastica.
Ai cattolici dico: è tempo di agire. Non sognando un nuovo partito cattolico o di cattolici. Non mirando ad una fetta di potere. Ma operando in tutti i settori della vita pubblica con una coraggiosa testimonianza di onestà e di competenza.
Ai cristiani di Roma Paolo lanciava un forte monito: "E' ormai tempo di svegliarvi dal sonno" (Rm 13,11). Abbiamo dormito troppo. Abbiamo troppo pensato al nostro interesse personale, a una sterile difesa dei diritti della Chiesa. I diritti della Chiesa sono i diritti dei poveri, degli emarginati, degli esclusi, degli oppressi da una società che riesce ad attutire o a spegnere qualunque sussulto di rivolta contro l'imperante conformismo. Di quel perbenismo che concilia il dirsi cattolico e il vivere una vita di immoralità e di menzogna.
E' ormai indilazionabile l'impegno a porre a base della nostra vita non la ricerca del potere, ma il servizio, praticando la carità che è la "pienezza della legge" (Rm 13,1). Non c'è legalità se non c'è un forte sussulto di amore, di gratuità, di condivisione.
(Lettera di Mons. Giuseppe Casale - Arcivescovo emerito di Foggia-Bovino)