lunedì 5 ottobre 2009

DEMOCRAZIA O DITTATURA "DEMOCRATICA"?

In un Paese autenticamente democratico, il giornalismo dovrebbe essere assolutamente indipendente; deve cioè svolgere il ruolo che ne caratterizza la specificità, che è quella di poter criticare e informare, senza alcun condizionamento, sull'operato delle istituzioni preposte alla gestione politica, economica, legale e culturale della Nazione. Ovviamente ogni giornalista deve attenersi al codice etico e professionale, in modo da garantire il riscontro delle affermazioni e, logicamente, il rispetto della privacy nei confronti delle scelte e dei comportamenti individuali.
Una società veramente democratica dovrebbe essere, anche, caratterizzata dall'indipendenza assoluta della magistratura nei confronti dell'esecutivo. Entrambi dovrebbero conformarsi, quale riferimento d'obbligo, alla Carta Costituzionale i cui princìpi e normative dovrebbero essere finalizzate al bene comune, alla tutela dei cittadini, all'uguaglianza, alla giustizia, alla libertà.
Una collettività meramente democratica dovrebbe alfine distinguersi per la partecipazione reale dei cittadini, chiamati quindi non solo al voto per la nomina dei propri rappresentanti, ma al controllo del loro operato, esigendone trasparenza, onestà, serietà, responsabilità.
Quanti Paesi al mondo possono vantare una simile sovranità popolare? Per quanto è dato sapere, nessuno. Ci sono certamente varie Nazioni che godono di avanzata seppur imperfetta democrazia. Sono in particolare quelle dove la criminalità organizzata (mafia, massoneria coperta, servizi segreti deviati, politica corrotta, ecc.) non è penetrata nei vertici delle strutture istituzionali.
In Italia a che punto siamo? Innanzitutto una doverosa premessa: la nostra Costituzione è indubbiamente tra le più avanzate del mondo. Non raramente viene presa a modello da costituzionalisti di altri Paesi. Il problema perciò è sempre stato la sua progressiva disapplicazione da parte dei Governi che si sono succeduti dal dopoguerra in poi, che l'hanno ritenuta un ostacolo ai loro sempre più bramosi interessi.
Questa opera distruttiva non può però essere volgare, pacchiana; abbisogna del servilismo della stampa, della sottomissione della Magistratura, dell'imbonimento televisivo, del sostegno militare, dell'imbarbarimento, dell’intimorimento, del razzismo, dell'intolleranza; insomma di una serie di elementi che portano al disinteresse, al qualunquismo, alla rassegnazione popolare.
Non tutti però si sottomettono a questa subdola e pericolosa passività. Che succede allora? Esattamente ciò che è possibile, volendo, constatare. Le TV, ormai quasi monopolizzate e manipolate, fanno vedere ciò che viene loro imposto dai 'dirigenti partitici', ben consapevoli del fatto che gli spettatori tendono a credere, acriticamente, a ciò che vedono. Alla stampa ancora 'non assoggettata' la si minaccia e sottopone a sempre più gravi difficoltà economiche. La Magistratura è continuamente sottoposta a violenti attacchi. A quei "servitori dello Stato" che ancora si ostinano a compiere il loro (pericoloso) dovere, li si costringe a trasferimenti, dimissioni e vessazioni (ved. la Forleo, De Magistris, i procuratori di Salerno, ecc.).
George Orwell, nel suo romanzo "1984", predisse la 'fantascientifica' sudditanza delle masse alla follia del "Grande Fratello"; ora sembra che quell’aberrante degrado umano si stia realizzando e consolidando. Non è certo il momento, per quanti hanno a cuore le sorti dell’Italia, dell’indifferenza della superficialità, dell’ingenuità, della sopportazione.

L’affollatissima manifestazione romana del 3 ottobre ha ridato speranza e vigore a quanti resistono al degrado in atto. Essi sanno che il futuro di questa travagliata Nazione dipende “dall’ottimismo della ragione”.


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